Mio figlio non è attento scuola.. Forse non è colpa sua.. L’attenzione, l’apprendimento e i ritmi circadiani

Nell’ultimo periodo ho studiato tanto. Ho imparato “nuovi modi di imparare” e aumentato la mia conoscenza su cosa significa “studiare”. Questa settimana la dedicherò ai temi dell’Attenzione e della Memoria (entrambi pre-requisiti per ogni tipo di apprendimento) non solo in ottica didattica, ma affrontandoli da diversi punti di vista in modo da offrire spunti di riflessione che possano essere utili a tutti.

attenzione

Una piccola cosa che mi ha colpito durante le mie letture, una minuzia ma che per me è stata illuminante è che ci sono studi che hanno scoperto come l’attenzione – intendendo nello specifico l’attenzione “sostenuta”, ossia la “vigilanza” (che è contemplata in tutti i processi di apprendimento) – è estremamente variabile (nel senso che soggetti sottoposti ad esperimenti specifici hanno dimostrato scientificamente ciò che noi capiamo in maniera intuitiva, cioè che abbiamo una normale diminuzione della performance in alcune situazioni e alcuni momenti della giornata) e la sua diminuzione è strettamente correlata non solo alla forza di volontà del soggetto o alla qualità degli stimoli esterni ricevuti, bensì a specifiche variazioni dello stato neuropsicologico.

La neuropsicologia e le neuroscienze si mettono sempre di più al servizio dell’apprendimento per dare risposta a queste domande: come funziona il cervello?, come funziona in classe? Trovo l’argomento interessante soprattutto per i docenti ma in fondo per tutti coloro, professionisti e non, che devono costantemente imparare nuove cose per aggiornarsi e tenersi al passo con i tempi.

Forse qualcuno avrà sentito parlare e si riconoscerà nella distinzione tra persone “allodole”, che si alzano alla mattina presto e sono maggiormente attive nella prima parte del giorno e persone gufo, che invece sono maggiormente attive durante la sera e preferiscono andare a letto tardi. Tuttavia non tutti sanno che – dicono gli scienziati – esisterebbe un momento ottimale nella giornata in cui la prestazione delle persone a compiti che richiedono attenzione sarebbe migliore. Allo stesso modo esisterebbero orari più adatti alle attività motorie, a quelle manuali, ecc.

A livello scolastico, sarebbe opportuno che un insegnante sviluppasse un’adeguata sensibilità ai segnali che informano sullo stato di attivazione dei suoi allievi (a questo proposito ricordiamo che uno sbadiglio NON è sempre sinonimo di noia!). Le prestazioni intellettuali sarebbero sensibili – secondo gli scienziati – ad un livello di attivazione intermedio, né troppo alto, vicino allo stato di eccitazione, né troppo basso, ossia vicino allo stato di sonnolenza. Tutti coloro che si apprestano a studiare o a fare un compito che richiede attenzione dovrebbero diventare consapevoli del proprio livello di attivazione ed agire di conseguenza! Pensiamo a quanto è importante l’attenzione per un pilota, un operaio in catena, ecc.

Cosa determina queste variazioni di attenzione? Non tutti sanno che i cambiamenti ormonali (cui ovviamente tutti noi, uomini e donne in maniera differente, siamo sottoposti non solo giornalmente ma in modo ciclico tutti i mesi) hanno il potere di influenzare, tra le tante cose, anche l’attenzione e, di conseguenza, l’apprendimento.

Russell Foster, figura di spicco nella comunità scientifica di Oxford, in merito a questo, ha fatto interessanti scoperte sui ritmi circadiani degli adolescenti e dei giovani adulti: dalla pubertà i ritmi circadiani cambierebbero in maniera drastica, spostando il ritmo sonno/veglia in avanti di circa 2 ore (solo con la vecchiaia si ritornerebbe al ritmo circadiano pari a quello avuto a 10 anni). Questo cambiamento avverrebbe in tutti i mammiferi, quindi non sono solo i nostri ragazzi ad avere uno stile di vita “sballato” e se sono addormentati all’inizio delle lezioni non sarebbe colpa loro: è “colpa” della biologia!

I genitori che oggi si sforzano con alterni risultati di buttar giù dal letto i figli al mattino perché evitino di arrivare in classe fuori tempo massimo, devono ammettere che anch’essi da ragazzi non balzavano in piedi freschi e pimpanti al suono della sveglia e da oggi in poi non possono più attribuire questa resistenza al risveglio a poltroneria innata, al fatto che i figli vanno a dormire sempre più tardi e allo scarso amore per la scuola.

attenzione a scuola

L’orario di apertura delle scuole avrebbe un impatto negativo sulla formazione degli adolescenti, perché quelle che per un adulto sono le 7:00 del mattino per loro sono le 5:00. Privati di una parte del sonno – che, in casi estremi è una vera tortura – i ragazzi diventerebbero meno ricettivi e meno propensi ad apprendere.

La Monkseaton High School, a Whitley Bay vicino a Newcastle nel nord dell’Inghilterra, è una scuola superiore all’avanguardia il cui Preside, Paul Kelley, ha fatto tesori di queste recenti scoperte neuroscientifiche e, ad esempio, nello specifico, ha spostato – per l’intero anno scolastico – l’ingresso a scuola dalle 9:00 alle 10:00 del mattino e l’uscita dalle 15:00 alle 15:40. Il risultato? Rendimento scolastico a livelli eccelsi e maggiore pacificazione delle relazioni tra studenti e docenti. Interessante, no?

Queste ricerche sulla cronobiologia – che nulla hanno a che vedere con i fantasiosi bioritmi elaborati a partire dalla data di nascita – hanno tra l’altro, come ho accennato, importanti implicazioni per la medicina e l’igiene del lavoro: esse indicano che la macchina umana, benché dotata di una notevole plasticità ed adattabilità all’ambiente, ha pur sempre dei limiti che non è possibile sorpassare se non a prezzo di vere e proprie patologie. Troppo spesso ignoriamo i segnali del nostro corpo e paghiamo severe conseguenze!

Altre riflessioni sull’attenzione con relativi accorgimenti da adottare per essere docenti o relatori più efficaci: è abbastanza ovvio, ad esempio, che l’attenzione diminuisca all’aumentare del tempo di esposizione ad uno stimolo noioso, ma forse non tutti sanno che un elemento di disturbo lieve (come un ronzio sommesso, il brusio dei compagni di classe che chiacchierano) può paradossalmente indurre l’allievo (o anche un uditore durante una conferenza) a concentrarsi di più, mentre se si supera una determinata soglia di disturbo (come un martello pneumatico posto nelle vicinanze) anche i più motivati desistono e si deconcentrano: diventa del tutto inutile, in quest’ultimo caso, tentare di fare lezione o – se la vediamo dall’altro lato – tentare di studiare. Meglio rimandare a tempi migliori!

Un insegnante creativo che desideri allora catturare e mantenere il più a lungo possibile l’attenzione dei suoi allievi può ricorrere a piccoli espedienti come battute, variazioni del tono della voce (= sussurrare per qualche secondo), e soprattutto camminare per la classe: le ricerche dimostrano che più tempo un’insegnante trascorre fermo dietro la cattedra e più gli alunni sono distruttivi e inadempienti.

Affascinante ma più complessa la teoria che vuole che per ogni ora della giornata ci sia una materia scolastica ad hoc e che si debba programmare un ordine temporale della didattica rispettoso del livello energetico del bambino. Questa ipotesi la attribuisco – per sentito dire – al Prof. Michel Jacques Marteau (Pedagogo, Psicomotricista e Ricercatore per A.I.R.D.A.: Associazione Interdisciplinare di Ricerca e Didattica sull’Autogenicità e A.P.E.R.T.U.R.A.: Associazione Psicosomatologica per lo studio dell’Energia e la Ricerca di una Tematica Umana basata sulla Relazione e l’Armonizzazione), ma ammetto di non aver trovato molto materiale in Rete sulla Pedagogia Relazionale o Pedagogia Evolutiva da lui proposta e sulle sue teorie… se qualche lettore (soprattutto in Veneto, dove credo si siano svolti seminari di approfondimento) ne sapesse più di me mi farebbe molto felice se mi scrivesse. Grazie!

Fonti info: articolo apparso su www.ilcorriere.it il 29 agosto 2011 – www.adiscuola.it – Oliverio A., (Ed.) “Orologi biologici, Quaderni de Le Scienze” n.9, Le Scienze, Milan, 1982 – Atti del Seminario Internazionale “O la scuola o la vita” (da leggersi qui)

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