Questa volta sono io ad essere stata intervistata su un blog altrui, quello di Vitiana Paola Montana, www.progettoevolutivo.it, che poco tempo fa è stata mia gradita ospite per parlarci di numerologia. Abbiamo un interesse comune: il benessere delle persone e pertanto un argomento con il quale ci confrontiamo quotidianamente è quello della resilienza, la capacità di superare le avversità inevitabili della vita.
Eccovi l’incipit del post. Se poi desideraste leggere interamente l’intervista, a fondo pagina, c’è un link che vi condurrà direttamente al sito di Vitiana Paola Montana.
Gentile Elisabetta, prima di tutto benvenuta su Progetto Evolutivo e grazie per la sua disponibilità.
Potrebbe darci una definizione corretta del termine ‘resilienza’?
Innanzitutto grazie per l’ospitalità e per l’opportunità di approfondire un tema che anche a me è molto caro.
Il termine è usato soprattutto in ingegneria e nella fisica dei materiali per indicare la capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi e ritornando alla forma originaria. Per analogia, l’Help Center dell’APA (Associazione degli Psicologi Americani) definisce la resilienza psicologica come “il processo di adattamento – di un singolo individuo ma anche di una comunità – di fronte alle avversità, ai traumi, alle tragedie e ad altre significative fonti di stress.”
Essere resilienti significa saper sopravvivere alle esperienze difficili, significa essere flessibili, elastici mentalmente, avere spirito d’adattamento, essere duttili e non rigidi… Avete presente il detto: “Mi piego ma non mi spezzo”?: ecco, la resilienza sta proprio lì. . La prima importante distinzione è infatti da farsi con il termine “resistenza”, che molti di noi usano impropriamente (“Nelle avversità bisogna resistere!”), perché la resistenza implica rigidità e l’irrigidimento mentale (= usare sempre gli stessi schemi di pensiero, perseverare con le stesse credenze anche quando le situazioni sono differenti, arroccarsi sulla propria posizione, ecc.), crea le condizioni per maggiore dolore (pensiamo alle contratture muscolari!) e, nella peggiore delle ipotesi, porta alla rottura.
Si potrebbe dire, un po’ semplificando, che “resilienza” è l’opposto di “resistenza”: non è lotta dura (“tenere duro”, “stringere i denti”, “non mollare mai”, ecc.), ma pazienza ed apertura mentale. Non è rassegnazione ovviamente, ma ottimismo, fiducia, speranza e capacità di mantenersi lucidi e consapevoli in ogni situazione per sfruttare tutte le risorse a disposizione. Questo sembra semplice ed invece è proprio nei momenti di crisi che ci sembra di non avere possibilità di uscita, non vediamo la luce alla fine del tunnel, oppure ci ostiniamo a ripetere strategie che si sono già rivelate fallimentari.
Due storie-metafore possono rendere bene l’idea della resilienza:
Tre rane caddero in un barile di latte e le altre rane, affacciandosi al bordo, cominciarono a dire loro che non ce l’avrebbero mai fatta a risalire. Una delle tre tentò di uscire saltando: saltò e saltò ma alla fine, stremata, si rassegnò, e dando per certa la predizione delle compagne, si lasciò andare e morì. La seconda invece continuò a nuotare affannosamente in cerchio ma anch’essa, alla fine, vinta dalla stanchezza, si lasciò morire. La terza, testarda e coraggiosa, continuò a galleggiare fino a quando non si rese conto che il latte si era rappreso ed era diventato burro, consentendole di balzar fuori e salvare la pelle.
C’erano una volta un uomo anziano e un vecchio asino. Un giorno l’asino cadde in un pozzo ormai asciutto, ma profondo. Il povero animale ragliò tutto il giorno e l’uomo cercò di pensare a come tirarlo fuori dal pozzo. Alla fine, però, pensò che l’asino era molto vecchio e debole, senza contare che da tempo aveva deciso di riempire di terra il pozzo che era ormai prosciugato. Decise di seppellire là il vecchio asino. Chiese a diversi vicini di aiutarlo; tutti presero una pala e cominciarono a gettare terra nel pozzo. L’asino si mise a ragliare con tutta la forza che aveva. Dopo un po’, però, tra lo stupore generale, dal pozzo non venne più alcun suono. Il padrone dell’asino guardò nel pozzo, credendo che l’asino fosse morto, ma vide uno spettacolo incredibile: tutte le volte in cui veniva gettata una palata di terra nel pozzo, l’asino la schiacciava con gli zoccoli. Il suo padrone e i vicini continuarono a gettare terra nel pozzo e l’asino continuò a schiacciarla, formando un mucchio sempre più alto, finché riuscì a saltare fuori.
L’asino è stato pronto a cogliere l’occasione, la rana per un po’ ha letteralmente “galleggiato” nella propria sfortuna, non ha lottato, non è andata in panico, ha “sopportato”, ma osservando le compagne si è posta in uno stato riflessivo e anche lei non si è fatta trovare impreparata al momento opportuno.
La nostra mente non è una materia inerte, bensì un sistema molto complesso che, per economia mentale, o – per dirla tutta – per pigrizia, non sfruttiamo come dovremmo: potremmo essere molto più flessibili, adattabili e creativi di quanto non siamo nella vita di tutti i giorni. Quando le circostanze sono avverse, poi, troppo spesso andiamo in crisi e peggioriamo la situazione.
La resilienza è, in sintesi, l’insieme delle risorse che abbiamo a disposizione per affrontare le avversità, per ristabilire l’equilibrio perduto dopo un periodo stressante o un momento traumatico; è il risultato della combinazione di forza interiore, supporto esterno e capacità di apprendere dall’esperienza.