Scriv-endo: l’auto-biografia, la diarioterapia, la poesia e pensieri sulla carta

Chi scrive e che scribacchia, per diletto o per mestiere, già sa che la scrittura aiuta. Chi ancora non lo sapesse può trovare in me una buona interlocutrice per iniziare a sfruttare questo potenziale immenso.

Sin dalla notte dei tempi, l’uomo ha utilizzato il disegno e poi la scrittura per esprimere ciò che è altrimenti inesprimibile, per portare “fuori di sé” qualcosa che sente premere dall’interno. Dai primi dipinti nelle caverne alle prime parole incise sulle pietra, fino alla scrittura su carta e poi al computer, ciò ha sempre ridotto le sue paure, dato forma alle sue ansie, fatto emergere i suoi bisogni espressivo/creativi, permesso di elaborare meglio emozioni e stati d’animo.

Il racconto autobiografico nello specifico è da sempre presente nella storia dell’umanità. In ogni epoca culturale l’essere umano sente la necessità di fissare alcune tappe del proprio sviluppo personale, della propria esperienza, per delineare in modo duraturo il proprio vissuto.

il genere autobiografico

L’esperienza del narrare e del narrarsi ci abita in quanto esseri umani dotati del desiderio e della capacità di comunicare con noi stessi e con gli altri. Attraverso la scrittura di sé, ciascun individuo può comunicare la propria memoria, comprendere la direzione della personale avventura esistenziale, lasciare una traccia di sé oltre il tempo, indagare su chi è (mi verrebbe da dire: Uno, nessuno e centomila!), chi sono gli altri, qual è il posto che abita e il tempo che l’ha generato.

La narrazione autobiografica diviene inoltre occasione di investimento sulla propria persona e di auto-determinazione, rendendo evidente la responsabilizzazione personale rispetto al percorso educativo e formativo, di crescita e di cambiamento evolutivo. Si dice “carta canta!” o, anche, “verba volant, scripta manent”: ciò che abbiamo scritto non si può ritrattare facilmente!

Non a caso, molti scrittori, poeti, filosofi, studiosi di scienze umane e sociali, hanno eletto l’autobiografia a strumento e via per cercare la verità, indagando sulla propria vita e su quella altrui.

La narrazione biografica può essere usata in modo egregio anche in formazione, come dimostrano gli studi sempre più approfonditi sulla “medicina narrativa“, da me approcciata durante il percorso di formazione in Counselling:  la medicina narrativa si concentra sul ruolo relazionale e terapeutico del racconto dell’esperienza di malattia da parte del paziente e nella condivisione dell’esperienza, attraverso la narrazione, con il medico che lo cura.

Ma la scrittura ha diverse potenzialità. Scrivere lettere, scrivere racconti, scrivere fiabe, scrivere parole a caso, tenere un diario. In effetti anche la diario-terapia è considerata efficacissimo strumento in educazione, soprattutto con adolescenti ma non solo.

diarioterapia

 

Chiunque abbia tenuto un diario, con il suo bel lucchetto, sa quanto sia potente l’effetto: scrivere a fine giornata consente di esprimere con maggiore facilità i propri sentimenti, è una sorta di sfogo che può anche assumere connotazioni creative, in qualche modo facilita l’autoconsapevolezza e l’accettazione di sé. Tenere un diario è come fare amicizia con se stessi.

Infine i versi e le rime, la poesia. La poesia è una forma di pensiero laterale (che per comodità si considera situato nell’emisfero destro, deputato alle abilità artistiche, immaginative, intuitive), ossia ci permette di cambiare prospettiva, di vedere le cose in modo diverso e quindi aiuta a sbloccarsi di fronte ai problemi abituali di cui soffriamo quotidianamente. Mi spiego meglio: se per descrivere un problema non uso le “solite parole”, ma uno strumento espressivo diverso, che lascia spazio in modo naturale alle emozioni ed alle idee intuitive ad esse legate, è molto probabile che faciliterò l’emergere di qualcosa di nuovo.

Un esempio rivelatore della magica potenza della poesia può essere l’ossimoro, cioè l’accostamento di due termini opposti: se scrivendo in una poesia in cui parlo delle mie relazioni con gli altri, uso l’espressione “calorosa freddezza”, significa che dentro di me ci sono almeno due parti che la pensano in maniera diversa, una che ritiene l’interazione “calorosa” mentre l’altra la considera “fredda”. Da questa rivelazione si può partire per trovare un punto d’incontro o di compromesso tra le due parti.

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