La lettura digitale e le psico-pillole per genitori e cuori infranti

Ho tristemente compreso una cosa, l’ho pure studiata… Internet ha modificato il nostro modo di leggere (oltre a tutto il resto).. è tutto frenetico, veloce.. Facebook enfatizza il tutto in maniera esasperante e non me ne sono resa conto finché non ho provato in prima persona.

Gli studi più recenti in ambito neuroscientifico rivelano che sempre più persone – non solo studenti – hanno un serio problema di concentrazione: la difficoltà nasce online ma ha ripercussioni in tutti i campi… e questa cosa va esattamente nella direzione contraria rispetto a quella che avevo deciso di seguire con il mio blog: l’approfondimento, la lettura “meditata” esigono concentrazione e tempo..

Il cervello non è progettato per leggere: non esistono geni della lettura. Ciò che è accaduto è che, spinto dall’emergere dei geroglifici egizi, dell’alfabeto fenicio, dalla carta cinese e, infine, dalla stampa di Gutenberg, il cervello alla fine si è “adattato” a leggere.
Prima di internet, leggeva soprattutto in modo lineare: a una pagina ne seguiva un’altra, e così via. Certo, ci potevano essere immagini mescolate al testo, ma tendevano a esserci poche distrazioni. Leggere la stampa ci ha dato anche una notevole abilità nel ricordare dove trovare le informazioni fondamentali in un libro anche solo a partire dalla sua impaginazione, dicono i ricercatori.

Internet è diverso. Con tante informazioni, testo linkato, video e parole mescolate e cose interattive ovunque, i nostri cervelli creano scorciatoie per orientarsi, scorrendo velocemente su e giù e cercando parole chiave. È un tipo di lettura non lineare, digitale, che è stato descritto anche in diversi articoli accademici. Se penso a Facebook mi vengono in mente solo link e brevi input, se penso a Twitter penso alla morte della prosa e della grammatica.

Sono sicura che molti di voi, assidui frequentatori del web si riconosceranno in questo ritratto: prima cliccate sui link trovato su un Social Network, ne leggete solo alcune righe, cercate le parole più “attraenti” e poi vi stufate e passate alla pagina successiva, dalla quale probabilmente vi distrarrete altrettanto facilmente e velocemente. L’arte dell’attesa è irrimediabilmente perduta. La pazienza anche. Dedichiamo qualche secondo a qualche frase buttata lì a caso, con un bello sfondo, mentre invece quella frase meriterebbe di entrare nel nostro cuore, nel nostro cervello, dovrebbe essere assorbita, metabolizzata in profondità per poterci migliorare e trasformare.

Queste riflessioni rimandano un po’ al mio ultimo post sulla tecnologia amica dei bambini e dei ragazzi. Mi domando: se la stessa rapidità si riflette sui libri di scuola o su un romanzo, cosa pretendiamo che venga ricordato?? Questo nuovo “cervello digitale” un po’ mi incuriosisce, mi affascina, ma un po’ mi preoccupa. La velocità mi pare sinonimo, in questo caso, di superficialità, di impossibilità di comprensione.

Possibile che non sia possibile integrare questo modo alternativo di lettura con quello della lettura profonda, sviluppato dai nostri circuiti neurali nel corso di diversi millenni, senza entrare in competizione?? Leggere un post, un brandello visivo o sonoro, non è come leggere un romanzo o ascoltare un brano di Mozart!

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Se è vero che amanti della lettura e studiosi hanno invocato un movimento “slow reading”, facendosi ispirare dal movimento “slow food”, mi ci associo. Vorrei conservare, a fianco della tecnologia, anche la lettura ad alta voce di un libro di favole; vorrei mantenere l’abitudine di avere mille libri sul comodino da scegliere e gustare ogni sera in base all’umore della giornata e poterne toccare la carta, sentirne l’odore.. e poi rimirarlo nella libreria ormai irrimediabilmente ricolma.

Eppure sembra che debba piegarmi alla voce della maggioranza: piace di più leggere poche righe che leggere un intero articolo su un argomento… Ho deciso di provare ad adattarmi a modo mio (ovviamente!): dal momento che molte persone che si rivolgono a me lamentando questioni di cuore oppure hanno necessità di un “parent coaching”, ossia di un confronto sulle più opportune modalità educative, ogni tanto inserirò delle psico-pillole per cuori infranti o per genitori, ma tutte firmate da psicologi ed esperti della materia che, attraverso anni di esperienza professionale, hanno elaborato un pensiero che è da considerarsi, se non verità assoluta, perlomeno attendibile. Niente attori, calciatori né pseudo-vip che, per quanto saggi o seri, non hanno le credenziali per poter assurgere al ruolo di “insegnanti” o “consiglieri” di nessuno, anche se – come si può evincere da alcuni miei post – si può imparare da tutti, persino dai fumetti!

Che ne pensate?

Fonte info: Washington Post, 2014

Immagine: L’attrice Vivian Leigh nel 1935, Sasha/Getty Images

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