L’importanza del papà

Mi piacerebbe fare con voi alcune considerazioni sulla figura paterna in occasione della Festa del papà che si celebra oggi 19 marzo.

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Che cos’è la paternità oggi? Soprattutto: quali sono il ruolo e le responsabilità di un padre?

Non è semplice rispondere, innanzitutto perché essere padre di un neonato o di un adolescente non è esattamente la stessa cosa: la paternità non può avere definizione univoca perché è una complessità sociale difficile da categorizzare.

Sicuramente oggi sono in atto delle profonde trasformazioni del modo di essere padri: si riscontra un sempre maggiore coinvolgimento diretto del padre fin dalle prime fasi dell’esistenza del neonato e si ritiene, diversamente dal passato, che la capacità di dare le attenzioni necessarie ai figli sia presente in maniera identica in entrambi i sessi. Compare così una paternità sempre più personalizzata e amorevole: non esiste quasi più la funzione normativa tipica del padre (che poteva degenerare, nei casi estremi, nella figura del padre-padrone), bensì affettiva.

Due sono le “parole chiave” che possono essere usate per  definire i nuovi padri: i padri giocosi e i padri accudenti (definizioni tratte da “Padri nei nostri tempi” del sociologo Maggioni G., 2000).

I padri sono molto più presenti nella vita quotidiana dei figli: si incaricano della gestione del tempo libero, si pongono nei loro confronti come compagni di giochi. Questo tipo di interazione ludica però, non è sempre la strategia migliore: infatti può andar bene per i bambini più piccoli, ma risulta poco funzionale con figli adolescenti che non hanno bisogno di un padre “giocherellone”, ma di un padre-guida, che riesca a trasmettere valori e porre dei limiti, un padre in grado di insegnare al figlio ad affrontare la vita adulta. Secondo un’ottica psicologica, se il padre si sente tale solo nella veste di compagno di giochi, viene inevitabilmente a mancare la figura che si fa carico delle funzioni tradizionali, ad esempio di costruire un limite e un contenimento (riferimento alla funzione dell’autorità paterna).

Al giorno d’oggi esiste dunque una presenza paterna marcata e molto attiva nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, mentre in quelle successive subentrano difficoltà di tipo relazionale fino alla totale assenza nel rapporto familiare, con tutte le conseguenze negative del caso.

Mi sono domandata “se” e “come” i mass media, il mondo del cinema ma soprattutto i cartoni animati, compagni quotidiani dei nostri figli, testimoniano questa trasformazione del ruolo paterno.

Non è facile trovare – con qualche rara eccezione come Geppetto di Pinocchio – la figura paterna nei cartoni animati e nelle fiabe di ieri (nei quali, in verità, proliferavano gli orfani), mentre oggi inizia ad essere più presente, ma è declinata in maniera multiforme, variegata, finendo per apparire contraddittoria.

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C’è infatti papà Homer dei Simpson (che, a onor del vero, è una serie nata negli anni Ottanta in America e quindi andrebbe “contestualizzata”), che non è propriamente un esempio di virtù paterne da emulare, irresponsabile, pigro, inetto e obeso, ma c’è anche Barbapapà dell’omonima serie (anche questa piuttosto datata anche se sempre sugli schermi), che al contrario è un padre esemplare; c’è Papà Pig, svagato e dichiaratamente sovrappeso, che non sa piantare un chiodo, affettuoso e giocherellone ma imbranato e “delegante”. La famigliola di maiali di Peppa Pig, onnipresente nelle case dei bambini tra i 3 e i 6 anni circa, è una famiglia modello in cui i piccoli ostacoli della vita quotidiana vengono sempre superati in piena concordia e (soprattutto) in allegria, perciò non è assolutamente negativa per i bambini, ma non possiamo negare che la figura genitoriale vincente è quella della mamma, casalinga provetta, lavoratrice (anche se non si capisce esattamente che lavoro svolge), diligente, dolce, protettiva e allo stesso tempo autorevole, sempre coerente e adeguata: rasenta quasi la perfezione, essendo assolutamente priva delle ansie che, nella realtà, sono prerogativa della quasi totalità delle mamme.

Più equilibrata la figura del padre ne Alla ricerca di Nemo (2003), un film d’animazione che ha addirittura come co-protagonista un papà (Marlin), inizialmente troppo apprensivo, sostituto/ombra della figura materna assente, ma che, strada facendo, per recuperare il figlio “rapito” e portato via dall’Oceano da alcuni sub, dimostrerà tutto il suo coraggio e la sua forza morale.

Anche “Il re Leone” (1994) sembra avere come obiettivo quello di riabilitare la paternità e questo – come il film dimostra – non è un compito facile: il padre deve essere una figura dominante, ma al tempo stesso democratica, autorevole ma non autoritaria.

Trovo notevoli e curiose affinità tra due papà molto diversi tra loro, che vivono in mondi agli antipodi, ma che entrambi si trovano ad affrontare l’adolescenza della figlia femmina alle prese con le prime ribellioni e le prime cotte. Il primo è Re Tritone, il re di Atlantica, e il padre di Ariel ossia La sirenetta (1989), che odia gli esseri umani ed appare molto severo con la figlia, ma in realtà le vuole molto bene e, alla fine del film, dopo aver capito quanto forte sia l’amore che lega Ariel ed il Principe Eric, la lascia vivere con lui sulla terraferma. Il secondo è il comicissimo Conte Dracula protagonista del film Hotel Transylvania (2012): è il proprietario dell’Hotel che fece costruire appositamente per proteggere sua figlia Mavis quando era piccola. Viene presentato come un conte solitario e cinico, intento ad organizzare la festa per il 118º compleanno della figlia, iperprotettivo al punto di non lasciarla uscire dalle mura del castello. Anche lui, dopo l’incontro con Jonathan, di cui (dopo mille peripezie) diventerà il migliore amico, capirà che non tutti gli umani sono malvagi e lascerà andare la figlia.

Una menzione merita anche il padre di Kung Fu Panda (2008), che ho già avuto modo di citare in un precedente post. Padre adottivo, l’oca Signor Ping, il miglior spaghettinaro della città, appare gentile e ingenuo, un po’ un padre vecchio stampo che vorrebbe vedere il figlio ereditare la propria attività ignorando i suoi sogni, ma che avrà un ruolo decisivo per il finale della storia.

Se io dovessi assegnare l’Oscar per il miglior papà, scegliere la figura paterna migliore in assoluto, lo assegnerei a Guido, protagonista indimenticabile non di un cartone bensì di un film, La vita è bella (1997) diretto e interpretato da Roberto Benigni, un film strepitoso sempre in bilico tra le lacrime e il riso. Pur di proteggere il figlio Giosuè dagli orrori della realtà dell’internamento in un campo nazista, Guido si spaccia come interprete del comandante tedesco, e “traduce” tutte le regole del lager in un emozionante gioco in cui si dovranno affrontare prove tremende – e soprattutto “stare al gioco” – per vincere il meraviglioso premio finale, un carro armato vero. Si tratta di un film, non dimentichiamolo, ma mette bene in luce quello che un padre – un genitore – dovrebbe imparare a fare: non si possono evitare ai figli alcune sofferenze ed anche esperienze drammatiche, tuttavia è possibile proteggerli psicologicamente.

Un padre forte e sicuro riesce a sostituirsi nella mente del bambino spaventato alle immagini delle atrocità che lo circondano. Una figura genitoriale che funge da “cuscinetto ammortizzatore” tra il trauma e il figlio: ecco, in questo sono convinta che i padri, generalmente meno ansiosi e apprensivi delle madri, possano veramente fare la differenza in alcune situazioni.

Un abbraccio a tutti i papà!

Fonte info: Wikipedia

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