Mamma, ho il mal d’orecchi: l’otite adulta e infantile in ottica psicosomatica

L’otite è un’infiammazione a carico dell’orecchio, più o meno grave, acuta o cronica. Nel periodo invernale è l’incubo dei genitori, perché sembrano essere soprattutto i bambini a soffrirne e, spesso, la malattia, dopo un’apparente remissione, ha diverse recidive. Oltre al dolore, che la rende difficile da gestire (anche emotivamente!), l’otite comporta una riduzione dell’udito più o meno accentuata.

Non entro nel merito della cura, ognuno segua le proprie convinzioni, ma permettetemi una lettura psicosomatica del disturbo che, spero, possa aumentare le vostre risorse per affrontare questa patologia. Se l’argomento è di vostro interesse posso anche approfondire perché ci sono veramente molti spunti di riflessione che ora, per amor di sintesi, trascurerò.

L’otite per la medicina tradizionale allopatica

La medicina cosiddetta “allopatica” imputa l’otite prevalentemente a virus e batteri e, in base alla sintomatologia, utilizza per la guarigione antibiotici, cortisonici e/o analgesici.

La psicosomatica invece… 

La psicosomatica ci ricorda che l’orecchio è un organo di senso e, come tale, è una porta d’ingresso delle percezioni: attraverso gli organi di senso noi entriamo in contatto con il mondo esteriore.

I modi di dire “tenere le orecchie aperte” e “prestare orecchio a qualcuno/qualcosa” ci indicano il chiaro rapporto del “lasciar passare”, del mettersi in atteggiamento passivo e ubbidiente. La vista è una modalità di percezione più “attiva” rispetto all’udito, anche perché è più facile e immediato “distogliere lo sguardo” o chiudere gli occhi piuttosto che “tapparsi le orecchie” di fronte a stimoli sgraditi (le orecchie non si possono chiudere!). La capacità di sentire è dunque espressione fisica innanzitutto dell’ubbidienza e della sottomissione.  A questo proposito, se riflettiamo un attimo, notiamo come gli anziani, che tra le varie cose sono spesso deboli d’udito, sono in genere meno disponibili ad ubbidire, perdendo la capacità d’adattamento e la flessibilità… ma questo è un altro discorso…

Si parla dunque di “sentire” (suoni, voci, rumori, …) ma anche di “intendere”, ossia di “comprendere”: per ascoltare veramente “non basta avere orecchie”, ma occorre che esse siano disponibili ad aprirsi alle parole altrui.

essere tutto orecchi

Chi ha dunque problemi d’udito (un calo improvviso d’udito, ronzii, acufeni, un’otite, ecc.) dovrebbe porsi queste domande:

“Perché non sono disponibile a prestare orecchio a qualcuno?”

“A chi/che cosa non voglio ubbidire?”

“C’è qualcosa che non riesco ad accettare = integrare del mondo esterno?”, “Cosa sto rifiutando?”

“Cosa non riesco ad intendere?”

“Cosa mi esce dalle orecchie?”

… E PERCHÉ SI AMMALANO SOPRATTUTTO I BAMBINI?

otite

La medicina tradizionale allopatica sostiene che:

l’otite è particolarmente frequente nei bambini piccoli perché le loro tube di Eustachio sono più corte e più orizzontali di quelle dell’adulto, si ostruiscono più facilmente rendendo il drenaggio dell’orecchio medio più difficile e facilitando invece l’ingresso dei germi dal naso all’orecchio medio.

La psicosomatica invece ci suggerisce che… 

se leghiamo l’otite al tema dell’ubbidienza possiamo comprendere ad intuito come mai siano spesso i bambini ad ammalarsi! Semplificando, ma non troppo, bambini che ne soffrono frequentemente possono essere sovra-sollecitati da continui e pressanti interventi e richieste educative da parte dei genitori e/o degli insegnanti oppure può trattarsi di bambini di indole calma e tranquilla che si sentono oppressi dagli schemi e ritmi mentali frenetici degli adulti.

In linea generale, inoltre, la lateralizzazione destra ha un simbolismo materno, mentre quello sinistro paterno.

Esiste infine una lettura, legata alla Nuova Medicina Germanica del Dottor Hammer, tanto chiacchierata – e sulla quale non mi pronuncio ma che meriterebbe uno studio approfondito – che individua alla base dell’otite la risoluzione di un conflitto-trauma interiore legato alla difficoltà di incorporare scomode, ma importanti e necessarie, informazioni. Ciò che noi chiamiamo “malattia” o “sintomo” non sarebbero altro che la risoluzione che il nostro organismo ha trovato per mettere fine al trauma, per ripararsi. Discorso complesso che chi volesse può facilmente approfondire sulla Rete, tenendo presente che esistono anche libretti specifici proprio per bambini.

CONCLUSIONI… A chi giova una lettura psicosomatica dei propri disturbi?? A tutti può servire un’interpretazione della patologia che includa un aspetto psicologico nell’eziologia delle malattie, perché se iniziamo a pensare al fatto che ogni sintomo è un messaggio del nostro inconscio, possiamo iniziare a “porre ascolto” (.. parlando d’udito questa riflessione è quanto mai opportuna, perché “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” e perchè è troppo semplice “fare orecchie da mercante” di fronte a spiegazioni che non ci piacciono) e ad affrontare le patologie con minore delega agli specialisti, dando il via ad un vero e proprio possibile processo di auto-guarigione.

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