Incoll-ando e compon-endo: lo psicocollage che rimette insieme i pezzi dell’Anima o della Vita

Soprattutto dopo un lutto, una separazione, ma anche quando si devono affrontare scelte difficili, si sente la necessità di “rimettere insieme i pezzi” della propria vita o di “ricomporre i cocci” dopo esperienze laceranti. Per farlo, c’è una tecnica che, proprio perché rappresenta una metafora di questo percorso, può aiutare a fare il “patchwork” giusto di interessi, emozioni, valori. Questa tecnica è molto affascinante, si definisce Psico-collage ed impararla è davvero facile. (Per approfondire l’origine del metodo dal quale trae ispirazione si possono leggere articoli della sua ideatrice, terapeuta jungiana, Seena Frost.

La parola “collage” deriva dal francese e significa letteralmente “incollare”, così oggi si definisce con questo termine qualsiasi manufatto realizzato incollando sulla superficie uno strato, ovvero un’opera ottenuta attaccando insieme elementi, anche diversi, come carta di giornale, carta da parati, illustrazioni, stoffa su una superficie piatta. Per quanto riguarda il suo uso in arte-terapia, questa tecnica è una delle più semplici, proprio perché si avvale del solo uso di carta, forbici e colla e non prevede una particolare predisposizione alla manualità. Non a caso è uno dei primi procedimenti artistici che vengono insegnati ai bambini nelle scuole.

Lo psico-collage può essere inserito come parte integrante di un percorso più complesso e completo di auto-conoscenza o essere laboratorio a sé stante, individuale o collettivo.

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Si tratta di mettere in scena il nostro mondo interiore, sfaccettato e/o spezzettato, rubando frammenti ed icone alla pagina stampata.

Il collage psicologico è caratterizzato dal fatto che, pur restando invariata la tecnica classica ritaglia-incolla, sono i “ritagli” o inserti scelti ed il loro modo di combinarli ad avere un valore speciale, proprio perché si tratta di “immagini” che ci riguardano da vicino, che in qualche modo parlano di noi. Il foglio bianco diventa lo schermo su cui proiettare i nostri fantasmi, le nostre paure, i nostri ricordi, ma anche desideri e sogni: una sorta di filo d’Arianna che ci conduce attraverso il labirinto del nostro inconscio fino al centro di noi stessi, lasciando tuttavia intatte le nostre difese e, non necessitando di alcuna competenza, azzittisce il nostro peggior nemico, il critico interiore, colui che mina continuamente la fiducia in noi stessi.

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