Si è tenuta due settimane fa – come immagino in altre città italiane – la festa ebraica di Sukkot, nota anche come Festa delle capanne, una festa molto conviviale e caratteristica, che ricorda la vita del popolo di Israele nel deserto durante il viaggio verso la Terra Promessa, la Terra di Israele: durante il loro pellegrinaggio nel deserto, infatti, gli Ebrei vivevano in capanne “di fortuna” (dette appunto sukka).
La stagione coincide con il periodo dell’ultimo raccolto prima dell’inverno, ed è per questo motivo che la ricorrenza è identificata anche come Festa del Raccolto. Per questa ragione, durante Sukkoth, si mangia e si trascorre buona parte della giornata nella capanna/sukkà fatta di rami, adorna di fiori, frutta e disegni e che ha il tetto costituito da frasche rade in modo tale da poter consentire ai suoi occupanti, nella sera e durante la notte, di poter osservare le stelle
La Torah ordina agli Ebrei di utilizzare, per la celebrazione della festa, quattro specie di vegetali: il lulàv (un ramo di palma), l’etròg (un cedro), tre rami di mirto e due rami di salice. Il cedro viene impugnato separatamente dai rami che invece sono legati assieme con la canapa.
La cosa interessante, a mio parere, è la simbologia sottesa a questo dettagli: secondo un’interpretazione, infatti, le quattro specie di vegetali rappresentano i diversi caratteri umani:
- la palma dà frutti dolci nutrienti ma non ha profumo, come gli uomini che compiono buone azioni più per il senso del dovere che per altruismo o bontà d’animo: essi sono generosi pur non essendo sapienti;
- il mirto ha profumo ma non dà frutti, proprio come gli uomini che parlano molto ma non fanno niente per trasformare le parole in azioni: essi sono sapienti ma poco generosi;
- il salice non dà né profumo né frutti, come gli uomini che non compiono buone azioni e sono pure senza interesse per gli altri: essi non sono né sapienti né generosi;
- il cedro dà frutti buoni e nutrienti e perfino i suoi rami profumano, come gli uomini che aiutano il prossimo sia con il cuore che con le buone azioni: essi sono più “completi”, mostrando doti di sapienza e generosità.
Come nel lulàv si riuniscono le quattro specie, così gli uomini devono essere tutti uniti fra loro, volersi bene ed aiutarsi reciprocamente.
Secondo un’altra affascinante simbologia, si dice anche che l’etròg simboleggia il cuore dell’uomo; il lulàv la colonna vertebrale, il mirto l’occhio; il salice la bocca. In questa maniera, tutto il corpo sarebbe rappresentato unito in preghiera verso il Signore. Ma un’interpretazione che si rifà alle negatività del genere umano accosta le quattro parti anatomiche ad altrettanti difetti umani: la palma dritta è la superbia, il mirto dalle foglie lanceolate, la curiosità; il salice dalle foglie lunghe e strette, la calunnia; il cedro a forma di cuore, i peccati più intimi ed indicibili.
Trovo estremamente affascinante questa simbologia che nella religione cristiano cattolica va sempre più scomparendo: chiederò ulteriori numi a qualche esperto. Anzi, se qualcuno dei miei lettori fosse esperto del legame tra medicina e mondo ebraico, tra medicina e Kaballah, sono tutta orecchi! Grazie!
Fonte info: Wikipedia.