10 buone prassi per un dialogo interiore efficace

Proseguendo nel nostro cammino verso la realizzazione dei nostri obiettivi, vi avevo promesso in un precedente post che vi avrei insegnato a porre particolare attenzione alle parole che quotidianamente utilizziamo. Siamo partiti dai pensieri e arriviamo alle parole… pensieri e parole insomma..  tu chiamale se vuoi “emozioni”: è pazzesco come questa canzone riassuma in modo ineccepibile lo stretto indissolubile legame tra pensieri, parole, emozioni e comportamenti.

Dobbiamo imparare a comunicare in modo consapevole! E, soprattutto, a curare il nostro dialogo interiore, cioè le frasi che ci diciamo nella testa mentre stiamo facendo qualcosa, e che è presente in noi sin dalla culla, perché spesso è proprio il cosiddetto self-talk il nostro peggior critico, nonché la causa dei nostri fallimenti. Ne parla molto la PNL e il coaching (Programmazione Neurolinguistica): io vi do la mia personale interpretazione.

dialogo interiore

L’autostima e la fiducia in se stessi nascono e si costruiscono grazie alle relazioni con le persone che ci circondano (i genitori prima, gli amici poi, il partner, i colleghi ecc.), ma siamo noi che, per primi, dobbiamo nutrirle! Il nostro dialogo interiore è la guida della nostra mente inconscia, quindi, nel momento in cui è “sbagliato” (e non ce ne rendiamo neppure conto!), ci condurrà verso direzioni non propizie o comunque non desiderate, proprio come farebbe un navigatore rotto. Il detto “la mappa non è il territorio” (“the map is not the land”) di Alfred Korzybski, padre della semantica generale, vuole sottolineare, in termini generici, come i nostri pensieri, le nostre immagini interiori, non sempre corrispondono alla realtà, ma purtroppo hanno un enorme potere ed è necessario imparare a metterli in dubbio e poi a disciplinarli.

dialogo interiore

1- Per prima cosa, utilizziamo frasi “al positivo” quando desideriamo ottenere qualcosa. La differenza è sottile, apparentemente: “Non devo fare errori” VS “Voglio fare tutto giusto” sembrano la stessa cosa, ma la prima formulazione genera in noi l’immagine interiore di un errore (ricordate?? La mente non conosce la negazione! Se ancora non ne siete convinti, provate: “Non pensate ad un cane blu che salta!”….. a cosa avete pensato??). Bandito “Devo smettere di fumare”, da preferirsi

2- Usiamo il meno possibile avverbi come “sempre” e “mai” che bloccano un possibile cambiamento (e questo vale anche nelle relazioni interpersonali!). Non efficaci espressioni come “Non ce la farò mai!”, “Sono sempre in ritardo”, “Non mi è mai capitato quindi non capiterà nemmeno adesso”, “Ho sempre fallito in questo”, e così via. Diamo spazio alle meravigliose eccezioni che la vita sa regalarci! Questi due avverbi, apparentemente innocui, fossilizzano le situazioni, ponendo i presupposti per la “profezia che si auto-avvera” di cui abbiamo già parlato nel precedente post su questo tema.

3- Non appiccichiamoci alcuna etichetta, sia essa positiva, ma soprattutto negativa e svalutante. Definirsi una sola volta “sono incapace”, “inetto”, “insicuro”, “inadatto”, “ansioso” può essere sufficiente per creare una credenza… e l’auto-sabotaggio è dietro l’angolo, perché le credenze sono difficili da scardinare. Difficilmente mettiamo in discussione le nostre convinzioni! Chiariamo questo punto, perché spesso mi viene domandato se è veramente sufficiente una volta sola per creare questo spiacevole circolo vizioso. La risposta è: purtroppo sì! Lo stesso discorso legato alle credenze – già affrontato – vale quando diciamo “Oggi sono troppo stanco!”, “Non ho voglia”“Non ce la posso fare”, “Chi me lo fa fare?!?”: gli sportivi credo comprendano bene quanto sto dicendo, perché hanno imparato che la loro performance è legata in modo indissolubile al dialogo interiore, che può essere il loro miglior amico come il peggior nemico.

La stessa cosa vale anche – apriamo una breve parentesi – quando comunichiamo con le persone che abbiamo intorno. Ci tengo a farvi porre attenzione ai rischi che corriamo quando definiamo un bambino iperattivo, stupido, disordinato, disubbidiente, ribelle, ecc.: questo tipo di comunicazione può innanzitutto porre le basi per il suo futuro dialogo interiore negativo e soprattutto, in modo controproducente, significa proprio renderlo tale e quale la definizione (stupido, disubbidiente..), non dargli la possibilità di comportarsi in modo differente. Meglio essere iperattivo che trasparente, se riuscite a capire il senso. Le etichette ci assegnano dei ruoli che, pur aiutandoci ad avere un posto nel mondo e a relazionarci con gli altri, hanno uno sgradevole contrappunto legato al fatto che, una volta assorbite, diventano difficili da abbandonare, aderiscono come una maschera, quasi una seconda pelle che si con-fonde con la pelle vera. Anche il “giullare” della classe o dell’ufficio potrebbe un giorno stufarsi di essere così, potrebbe avere giornate nelle quali non ha voglia di far ridere il prossimo, ma si trova incastrato in un ruolo che gli sta stretto ma non può più di tanto modificare (la paura è infatti quella della squalifica, dell’isolamento).

4- In modo analogo, usiamo meno vezzeggiativi o diminutivi: diciamo le cose come stanno e creiamo un’immagine interiore più semplice e realistica. Non sono “bravino” ma “bravo”!

5- Quando esprimiamo un desiderio usiamo l’indicativo “Io voglio!” anziché il più morbido e possibilista condizionale “Io vorrei”, che lascia spazio al dubbio dell’insuccesso, insinua nella mente la possibilità di una non-riuscita, mentre noi dobbiamo rinforzare l’idea opposta.

6- Preferiamo, in generale, formule che indicano cose che vogliamo ottenere piuttosto che cose che vogliamo evitare. Date le spiegazioni dei punti precedenti, ritengo che sia intuitivo comprendere come mai è così importante.

7- Siamo concisi, precisi e non prolissi (questa è sempre una regola valida, ma quando si tratta di mete da raggiungere lo diventa maggiormente!): la mente potrà concentrarsi meglio!

8- Per aiutare la nostra mente a restare focalizzata sull’obiettivo, aggiungiamo anche i benefici che siamo sicuri che otterremo una volta raggiunto: Es: “Voglio perdere 5 kg per stare in salute”. Questo aiuterà la mente a visualizzare il risultato finale del percorso.

9- Diciamoci più spesso “Bravo/a!” da soli, ossia auto-gratifichiamoci! La vita non è tutto un dovere ( = “Hai studiato, bravo, ma hai fatto solo il tuo dovere!”). Auto-coccoliamo il nostro Ego ricompensandolo per le fatiche che fa. “Ottimo!”, “Complimenti!”, “Sto facendo la cosa giusta”… in generale, tutto ciò che ci provoca buone emozioni e sensazioni piacevoli e che magari ci porta a sorridere e a modificare inconsciamente la nostra fisiologia (postura, espressioni del viso, gesti, respirazione) va bene. Trovate voi la formula che funziona meglio!

10- Se non riuscite a riformulare il dialogo interiore negativo per renderlo positivo, cercate almeno di zittirlo, impeditegli di boiccottarvi. Una volta diventati consapevoli delle parole e dei pensieri negativi potete provare a non farci caso, anche se è difficile, a metterle in dubbio ( = sarà proprio come penso?, le conclusioni alle quali sono arrivato sono proprio vere? = la mappa è uguale al territorio?), o semplicemente potete provare a meditare. La meditazione è un ottimo rimedio per azzerare i pensieri ruminanti!

La PNL insegna poi ad ascoltare bene ciò che ci raccontiamo prima o durante una certa performance (un esame, una gara, ecc.) in modo tale che, se si tratta di un bel dialogo potenziante, possiamo aumentarne il volume, renderlo più intenso, più veloce. Se, al contrario, è un dialogo interiore castrante secondo me possiamo giocare in senso opposto. Immaginate un dialogo tra diavoletto che sgrida, sbraita, critica, e un angioletto che invece controbatte ogni affermazione: D: “Non sei riuscito nemmeno questa volta!” A: “Sì, ma ho dato il meglio di me” e così via. L’obiettivo non è auto-assolversi in ogni occasione, auto-incensarsi, ma cercare più punti di vista, e soprattutto evitare che l’autocritica diventi una costante e ci penalizzi nella vita quotidiana. 

Ovviamente, nei casi in cui il vostro self-talk vi torturasse, come accade spesso nelle depressioni, chiedete aiuto! Se il navigatore satellitare si rompe lo portate ad aggiustare, giusto? Ecco, allora in questo caso è bene rivolgersi al professionista adatto, psicologo o psicoterapeuta.

Allenatevi un po’ a dirigere il vostro dialogo interiore!

Prossimamente vedremo come deve essere formulato un buon obiettivo secondo la PNL, con alcuni concetti che torneranno ed altri che invece probabilmente vi stupiranno.

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