Auto-aiuto in rete: potenzialità e rischi

A Passi Leggeri, L’Agenda-Diario-Quaderno creata con la mia amica e socia Ylenia de www.iltempodellacrisalide.it sta avendo un feedback decisamente lusinghiero e noi ne siamo felici. Il nostro intento era proprio di iniziare a diffondere una cultura dell’auto-aiuto che, utilizzando Internet, annullasse le distanze e consentisse a tutti coloro che si trovano in uno stato di bisogno o semplicemente vogliono fare un cammino di crescita, creasse una rete di sostegno.
Questo mi ha portato a riflettere sulla realtà di  Internet, sulle sue potenzialità e sui suoi limiti. Internet è un mondo immerso, nel quale è facile perdersi; un mondo del quale la maggioranza delle persone – anche i grandi fruitori – sembrano ignorare le più semplici regole di funzionamento. Il rischio di perdere la lucidità necessaria per riconoscere le notizie che arrivano da fonti attendibili, accreditate, dalle “bufale” è dietro l’angolo.
Per una persona che soffre questo pericolo è ancora maggiore. Vale allora la pena dare alcune dritte, formulare un vademecum per orientarsi al meglio. Alla ricerca legittima di una maggiore comprensione della propria patologia, del proprio disturbo, nei confronti dei quali i medici sono parchi di parole (nella migliore delle ipotesi), le persone iniziano una navigazione compulsiva e non organizzata che, spesso, anziché rincuorarle, le disorienta ulteriormente. Molto frequente è la situazione nella quale ci si trova di fronte tesi opposte, entrambe apparentemente valide e ragionevoli e non si riesce a scegliere da dove iniziare. Nella peggiore delle ipotesi, invece, il risultato è un aumento dell’ansia e della paura per aver letto notizie rispetto alle quali – mancando di competenza medico-scientifica – è normale non avere piena comprensione.
Nello specifico, un sito con taglio psicologico, come è Gli stivali delle 7 leghe, è generalmente organizzato in: articoli esplicativi e conoscitivi, può contenere test psicologici, test attitudinali, test valutativi di una condotta (es. dipendenza), richieste di consulenza, domande informative, forum, ecc. Il professionista si pone l’obiettivo di fornire informazioni su una data materia e sino a questo punto il singolo individuo può ovviamente compiere da solo il percorso di conoscenza. Può iniziare a muoversi all’interno del proprio “luogo” psicologico, per capire cosa gli sta capitando, che significato ha quanto sta vivendo, come si chiama l’emozione esperita. la stessa cosa vale in campo medico.

Una seconda opportunità offerta da Internet è rappresentata dalla condivisione. Un forum ad esempio, offre la possibilità di confrontarsi con l’Altro, che è sconosciuto rispetto all’identità, all’esperienza pregressa, ma conosciuto e noto, rispetto ad una problematica e ad un vissuto comune. Il forum fa sentire meno soli nell’Universo. Nella realtà terapeutica, questo è ciò che accade all’interno dei gruppi terapeutici, di sostegno, di mutuo-aiuto, educativi, rieducativi, ecc. Le persone che vi fanno parte, sono perfette estranee, ognuno con una propria storia, una personalità, un’età, una condizione sociale, economica, politica, familiare, diversa da quella degli altri, eppure tutti questi singoli sono accomunati da una stessa domanda e da una stessa sofferenza. Non a caso forse le sale d’aspetto degli ambulatori medici, sono luoghi di attesa atti a facilitare la socializzazione, lo scambio di chi soffre ed è lì per trovare una soluzione. Il primo rimedio, in molti casi, è proprio la condivisione, il dialogo con gli altri, il potersi raccontare a chi si trova in analoghe circostanze.
Inizialmente, i gruppi di auto-mutuo-aiuto sono nati per questioni “economiche” (inteso in termini di tempo e denaro). Infatti, fra l’800 e il ‘900, il tentativo di proporre un nuovo approccio ai “malati mentali e non”, si scontrava con una realtà ospedaliera, sovraccarica di utenti e sprovvista di personale sufficiente. Si pensò allora di trattare insieme più pazienti, come possibile e utile strategia d’emergenza. Ben presto però, ci si rese conto che ciò che si veniva, a formare era qualcosa di ben specifico ed unico, un intervento assai diverso da quello individuale, ma non per questo meno efficace. Il gruppo, forniva una sua capacità terapeutica assai potente e funzionale.
La condivisione ci insegna che non siamo gli unici, i più sfortunati: altri hanno le stesse problematiche, non siamo così orribili, non c’è nulla da nascondere, nulla di così terribile.; condividere con altri, che usano la stessa lingua, conoscono la stessa realtà, possiedono la stessa consapevolezza, fa sentire “finalmente” “compresi”!
Lo scambio sul forum fornisce poi tutta una gamma di ipotesi circa le possibili soluzioni (emotive, psicologiche, cognitive, concrete, ecc.), rappresentando quindi un insieme di strategie più o meno ottimali, riguardo al problema in corso: sembra finalmente possibile cambiare, fare qualcosa per migliorare, perché altri l’hanno già fatto o lo stanno facendo. La nostra situazione, descritta e letta da un’altra persona, ci permette di ampliare la nostra ottica limitata, di infrangere l’idea di immutabilità.
A fronte di questi grandi vantaggi, dobbiamo tuttavia ricordare i pericoli che si innescano nel contesto on line. Il problema maggiore è rappresentato dal fatto che l’individuo è solo con sé o con persone di pari grado (nel senso della conoscenza e competenza). Non sempre ciò che viene recuperato e condiviso, risulta filtrato e ridimensionato appropriatamente, rispetto alla propria condizione. Capita che tutto venga preso per vero: tutto apparentemente è fattibile, tutto ci appartiene, tutto ci può aiutare. In realtà non è così! Manca cioè una visione dall’alto, “alla giusta distanza dal problema” e dall’ansia che esso porta con sé.. Occorrerebbe sempre una sorta di arbitro, un mediatore qualificato, che misuri anche il grado di sanità delle relazioni, che ponderi il livello di scambio. Del resto, le ricerche hanno già verificato la maggiore efficacia in termini di beneficio, dei gruppi condotti da un conducente, soprattutto professionista, a fronte dei gruppi di auto-aiuto, costituiti unicamente da partecipanti alla pari (Toseland, Rissiter, Peak e Hill, 1990, pp. 279-301; Woodward e Mc Grath, 1988, pp. 223-235).
Per un utilizzo più efficace della condivisione e della comprensione, è imprescindibile una serie di conoscenze, di tecniche, ma soprattutto un occhio più esterno e distaccato dal problema. Occorre una buona stabilità, una certa fiducia in sé, una discreta integrazione delle parti di sé e un buon esame di realtà, per saper usare questo potente strumento, al massimo delle sue potenzialità, senza subirne il fascino indiscriminato e acritico.
Molte persone proiettano su internet tutte le proprie conoscenze, aspettative, speranze, il proprio presente, il futuro. Rimangono così impigliate in qualcosa che di per sé non ha valore, ma lo assume solo in misura in cui noi partecipiamo a crearlo, mantenerlo e “leggerlo”. È un importante strumento, ma è solo uno strumento. Si corre il serio rischio di perseverare la propria condizione di dipendenza e sofferenza, già in atto. Per questo motivo, è importante che la persona integri questo spazio, con quelli più concreti. Sono importanti le relazioni in carne ed ossa, le condivisioni con familiari e amici, le discussioni con chi ci ama, sono importanti le consulenze specialistiche a tu per tu, ecc. Il contesto sociale, familiare e concreto permette di mantenerci nella nostra rete di partenza e lo specialista, aiuta a mettere a fuoco la situazione e le informazioni ricavate, a varie distanze e a vari livelli, ricollocando ogni cosa al giusto posto.
La persona sofferente, è giustamente contraddistinta da una grande spinta verso la risoluzione del problema, ad un’ansia di risoluzione nel qui e ora, il più presto possibile, ciò la predispone all’illusione che internet possa fornirgli la soluzione totale. Il dolore, l’ansia, spingono fortemente e inesorabilmente verso una risposta rapida e definitiva ed è facile credere ad ogni possibile mezzo, che fornisca un alleggerimento, pur temporaneo che sia. Internet è uno strumento di informazione, chiarificazione e scambio, che apre senza dubbio al cambiamento, ma il cambiamento poi avviene nella vita concreta, attraverso tentativi, errori, impegno quotidiano e non semplicemente con “un contatto” o clic su un sito!
A differenza dei gruppi di auto-mutuo aiuto off line, quelli mediatici mancano di un elemento fondamentale: il setting. Il setting è rappresentato da tutto quell’insieme di regole e condizioni esterne ed interne, che rendono possibile e regolano l’andamento del gruppo stesso. Mi riferisco ad elementi molto concreti come un luogo, un orario e persone sempre uguali e costanti, a regole “terapeutiche” ben precise, ad obiettivi ben chiari, condivisi e accettati, ecc. Gli anonimi alcolisti per esempio, pur non essendo seguiti e guidati da un professionista, possiedono un loro luogo ed orario prefissato, nonché delle regole prerequisito per la partecipazione (es. la regola dell’astinenza), alcuni obiettivi ben precisi (es. riconoscere la propria compulsione, riconoscere l’incontrollabilità della dipendenza, il raggiungimento dell’astinenza, ecc.).
Al contrario, i “gruppi on line” non possiedono un setting definito: ci si può collegare alla rete a qualsiasi ora, in qualsiasi posto, dialogare con persone sempre diverse, senza sottostare a regole ed obiettivi chiari ed esplicitati. Questi gruppi, sono nati e vivono alla luce del “tutto e subito”, lo stato psico-emotivo del bambino, che ancora non sa procrastinare i propri bisogni a favore di obiettivi più elevati, di richieste di realtà e dei bisogni altrui. Nel sito, si corre il rischio di cedere all’illusione di poter avere veramente ciò che si vuole, nel momento in cui lo si desidera, nei termini e nei modi in cui lo si formula.
Certo anche i gruppi on line hanno delle regole e si creano appuntamenti prefissati con tema specifico, ma difficilmente c’è qualcuno che realmente vigila su tali regole. Di fatto c’è un moderatore, ma di solito è una persona alla pari, che condivide con gli altri le stesse problematiche, per cui non è pienamente efficace, nel mantenere le regole. Terapeutico è lo scambio, l’empatia, l’individuazione di risorse e soluzioni, ma in un processo non dilatato nel tempo, bensì delimitato e circoscritto, allo scopo di fornire, consapevolmente, un valore riconosciuto alla condivisione. La possibilità del cambiamento inizia proprio nell’attesa di un tempo, dichiaratamente usato per un certo scopo, con dati modi e obiettivi.
Capita inoltre, che su internet sia facile fuggire, passare da un gruppo ad un altro, passare da una consulenza ad un’altra, da un parere ad un’altra, da una specializzazione ad un’altra, senza fermarsi mai. La fuga può avvenire nella fase iniziale, quindi permettere di stare in quella posizione emotiva all’infinito, ci si informa, si chiede, magari si iniziano a conoscere delle persone e poi si interrompe ogni approfondimento, ogni avvicinamento progressivo, ogni fase successiva. La fuga può anche avvenire nella fase centrale, in quella di sblocco, di affondo, di cambiamento vero e proprio, la persona se la dà a gambe proprio quando c’è da stare lì, per comprendere, accettare ed infine cambiare. La fuga può avvenire al termine, al momento dei saluti, della conclusione, permettendo quindi di non elaborare mai la fase della separazione e della crescita ulteriore, che permette di camminare da soli e di usare autonomente, tutto quanto è stato appreso insieme ad altri.
Internet è troppo accessibile e comodo, come tale un gruppo on line può essere dato per scontato e svalutato. E’ un impegno ma allo stesso tempo non lo è: se si ha voglia, tempo ed energia ci si connette, altrimenti no. In un gruppo reale, tale svicolamento difensivo viene mediato dal conduttore e dai partecipanti, che sono lì di fronte e non possono essere elusi. Il gruppo dovrebbe essere un cerchio che racchiude, contiene, sostiene ma è soprattutto un nodo, un elemento che stringe e “costringe” ad un qui e ora, ad un impegno terapeutico con sé e con gli altri, in un luogo ben preciso ad un orario ben preciso, per uno scopo chiaro e definito.
La dimensione on line permette di fuggire a tutti i livelli, impedendo talvolta di sperimentare l’importanza della relazione e del legame, nonché della gratitudine. Talvolta, le persone chiedono consulenze gratuite, diagnosi e consigli e lo fanno come se fosse scontato e dovuto, senza neppure preoccuparsi di fornire un rimando di qualunque tipo. Che sia stato utile o no, che il parere sia stato azzeccato o meno, lo specialista ha impiegato del tempo e delle energie e per amore di reciprocità, è corretto fornire un qualunque tipo di rimando, ma spesso questo non avviene. Internet, riduce e scarnifica molto le relazioni e la loro qualità, mentre spesso le persone sofferenti hanno bisogno più che mai, di andare più in fondo, di migliorare la qualità e l’intensità relazionale.
Internet, in sintesi, fornisce una grande varietà di informazioni e scambi, ma manca di alcune delimitazioni importanti e manca soprattutto dei confini della realtà.
Infine, un elemento da non sottovalutare, distintivo del gruppo di auto-aiuto è “l’autosvelamento”. Nella dimensione on line, l’autosvelamento avviene in modo parziale. Si condivide con gli altri, ma solo una parte di sé, si presenta solo ciò che si decide coscientemente di dire, mantenendo il controllo ed eludendo tutte quelle parti fondamentali della comunicazione non verbale, non regolabili, che tradiscono e traducono i nostri movimenti emotivi, il vero scrigno degli abissi. I mezzi che implicano la vista e l’udito infatti, sono mezzi a distanza, freddi, pensati e controllati, mentre quelli di contatto, sono caldi, toccati proprio dalle emozioni (Lowen, 2000) e quindi “toccanti in profondità”.
Lo spazio on line, nei termini del forum, del sito, del blog, ecc., può costituire un’egregia guida di auto e mutuo aiuto, un primo avvicinamento a sé e agli altri, un binario importante e rassicurante, che necessita poi di una seconda fase di confronto e definizione all’esterno, nel mondo reale, fatto di situazioni, persone, obiettivi, specialisti in carne ed ossa, sensazioni e contatti. In questo modo, si ottiene la giusta integrazione fra dentro e fuori, fra richieste illimitate e confini realistici, fra realtà e desiderio, fra fantasia e concretezza. Termini essenziali più che mai nei disturbi d’ansia, dove proprio la mancanza di confini suscita l’angosciante sensazione di spandersi, di perdere il controllo, di ignota illimitatezza, d’impotenza estrema.

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