L’imperfezione, il timbro blu e la psicoanalisi della voce

Ho recentemente letto alcuni articoli su Laura Pigozzi, psicoanalista e cantante jazz, e ringrazio gli autori, perché mi hanno permesso di conoscere un bel personaggio, una donna e professionista intrigante che mi ha aperto un mondo nuovo di riflessioni suggestive.

Il suo lavoro si incentra soprattutto sul mondo femminile, sul rapporto madre-figlio sin dalla gravidanza, sulla sessualità, e sul legame tra arte, vocalità e inconscio: l’originalità e l’audacia stanno proprio nell’aver esplorato, forse per prima nel suo ambito, “la psicoanalisi della voce”. Laura Pigozzi conduce laboratori vocali e cori con l’intento di aiutare le persone a riscoprire o trovare il proprio timbro blu.

Ma che cos’è esattamente questo timbro blu che ciascuno porta in sé??

“È la voce più propria, quella che riscopre gli echi più profondi e personali. È quella che non si osa e che non si usa, quella che non è imitazione di nessun’altra. È la voce della sorpresa timbrica, la voce promessa, un dono inaspettato che ciascuno si fa, ritrovandosi”.

Spero di non essere l’unica a subire il fascino e la portata di questo concetto! Ciò che ci dice questa professionista è che, nella quotidianità, presi come siamo ad aderire a modelli stereotipati, a compiacere tutti e nessuno, ad indossare maschere differenti in base alle occasioni, abbiamo perso per la strada persino la nostra Vera Voce!

Così l’Autrice spiega meglio il concetto, espresso per la prima volta nel libro “A nuda voce: vocalità, inconscio, sessualità”“Il timbro blu è quella voce (anche di uno strumento) che ci ammalia, che ci cattura intimamente senza un motivo spiegabile. Kandinskij si innamorò di quella che diverrà poi sua moglie dopo averla sentita al telefono. Dipinse un acquarello per quella voce sconosciuta, immediatamente, ancora prima di incontrare la donna… Il timbro blu è un suono magari imperfetto, forse nemmeno necessariamente bello, non è classificabile. Si impone però e può far deragliare la vita dai binari quotidiani. Per me il timbro blu è quello di Billie Holiday in “Lady in Satin”. Una voce giunta alla sua fine e che riassume tutto il dolore di una vita…”

Un modo per comprendere istintivamente questo pensiero è proprio quello di ascoltare due brani in sequenza di Billie Holiday. Il primo risale agli inizi della carriera della cantante.

Il secondo è stato inciso poco prima della sua morte, alla fine di una vita travagliata, fatta di sofferenze, soprusi e abusi di ogni tipo.

Al di là del fatto che la musica jazz e blues possano piacere o meno, tra le due voci, qual è quella che trovate più affascinante, la più coinvolgente, la più emozionante?, quella che riesce ad affondare le dita nell’anima?

Senza ombra di dubbio è l’ultima, quella rugosa, a tratti spezzata di “Lady in Satin”!

Mi ritrovo a parlare di imperfezione, un’imperfezione così particolare, così personale, segnata da tutta una vita (purtroppo, in questo caso, una vita di dolore), che riesce ed emozionare e quasi ad ipnotizzare chi l’ascolta. Come il canto delle sirene.

Per l’intera intervista leggete qui: http://www.pigozzi.info/intervista%20jazzitalia.html

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