Questa settimana ho scritto molto, 4 o 5 post frutto di riflessioni professionali che mi accompagnano da un po’ di tempo. Mi ci vuole, per finire bene, un attimo di “angolo zen“.
Mi rilasso un po’ con il mio giardino zen. Ovviamente, non avendo la fortuna di averne uno vero, mi riferisco a quello in miniatura (che probabilmente viene chiamato Bonseki) che dimora sulla mia scrivania. Un vassoio, sabbia bianca, un rastrello, una cannuccia per fare disegni soffiando (.. è bellissimo!), qualche goccia di aroma essenziale in un micro-vaso, una candela accesa e piccoli sassi da spostare a piacimento. Penso che molti di voi potrebbero beneficiarne!
Questo è molto simile al mio, che forse è un po’ più essenziale, ma rende bene l’idea. Ovviamente si può optare per il fai-da-te con un bel vassoio e pietre trovate “per caso” (.. ma nulla accade per caso) o scelte accuratamente. L’importanza è la sabbia, che non deve essere troppo fine. In Rete ne troverete tante versioni. Con i bambini poi basta un vassoietto di alluminio (quelli per alimenti), farina di polenta e un po’ di fantasia.
L’obiettivo fondamentale del giardino giapponese è di suscitare una profonda reazione psicologica ed emozionale attraverso l’uso dei simboli.
Se è vero che, secondo Carl Jung, gli esseri umani devono in qualche modo conservare una identificazione inconscia con la natura derivata dal loro passato evolutivo, allora delle rocce che galleggiano in un mare di ghiaia possono simboleggiare il nostro microcosmo che fluttua nell’universo infinito; le increspature nella ghiaia intorno alla pietra possono simboleggiare il fatto che l’acqua immobile – rappresentante la mente – riflette la pura realtà, ma non appena una pietra – rappresentante il pensiero – causa una increspatura, allora la realtà diventa distorta.
Questo vassoio chiamato impropriamente “giardino” non è propriamente la Terapia del Gioco con la sabbia di Jung, ma vi assicuro che “giocarci” un po’ genera calma e tranquillità, scaccia l’ansia e il nervosismo consentendo alla mente di vagare e fantasticare. Ecco che gli emisferi cerebrali tornano meravigliosamente a connettersi!